Il PD è il partito che ha avuto più consiglieri nel CDA della Rai

Dal 2005 ha indicato undici componenti, tra quelli nominati dal Parlamento, dei sei consigli di amministrazione succedutisi alla guida dell’azienda
ANSA/ANGELO CARCONI
ANSA/ANGELO CARCONI
Nella serata di mercoledì 7 febbraio il Partito Democratico ha organizzato un sit-in di protesta davanti alla sede della Rai in Viale Mazzini, a Roma. «Noi promuoviamo una riforma che renda finalmente indipendente la Rai dall’influenza dei partiti e della politica», ha detto la segretaria del PD Elly Schlein durante la manifestazione, riconoscendo comunque che «non ogni male» per la Rai è «nato con questo governo». Schlein ha anche ammesso che in passato il suo stesso partito ha beneficiato della cosiddetta “lottizzazione” della Rai, ossia della spartizione tra gli schieramenti politici dei vertici dell’azienda, le cui azioni sono al 99,6 per cento proprietà del Ministero dell’Economia e delle Finanze. 

I numeri confermano la forte influenza che il PD ha avuto sulla Rai a livello dirigenziale. Consultando fonti stampa, gli archivi dei quotidiani e il sito della Rai, abbiamo fatto un po’ di conti: dal 2005, anno in cui è stato eletto il primo CDA con la cosiddetta “legge Gasparri”, a oggi, il PD è stato il partito che ha espresso più consiglieri di amministrazione tra quelli nominati dal Parlamento, davanti a Forza Italia. Prima di addentrarci tra i numeri, è necessario fare un passo indietro per capire qual è il ruolo del consiglio di amministrazione (CDA) della Rai e come è influenzato dalla politica.

Il ruolo del CDA

Il consiglio di amministrazione della Rai ha vari compiti importanti nella gestione dell’azienda: tra le altre cose, il CDA approva il bilancio della società, il suo piano industriale e quello editoriale, nomina l’amministratore delegato (che è il dirigente con maggiori poteri) ed esprime il proprio parere – in alcuni casi vincolante – sulle nomine dei direttori di rete, di canale e di testata. 

In base alla riforma approvata nel 2015 durante il governo Renzi, il CDA della Rai è composto da sette consiglieri: due sono designati dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministero dell’Economia e delle Finanze; due sono eletti dalla Camera e due dal Senato; e uno è indicato dall’assemblea dei dipendenti della Rai. Prima di questa riforma, la “legge Gasparri” (che prende il nome da Maurizio Gasparri, allora ministro delle Comunicazioni del secondo governo Berlusconi) aveva stabilito che i consiglieri del CDA della Rai fossero nove: due indicati dal Ministero dell’Economia e sette dalla Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, meglio nota con il nome di “Commissione di vigilanza Rai”. 

L’attuale CDA dell’azienda si è insediato a luglio 2021, durante il governo Draghi, che era supportato da tutti i principali partiti in Parlamento, eccetto Fratelli d’Italia e Sinistra Italiana. Le due nomine indicate dal governo sono state quelle di Marinella Soldi, poi eletta presidente del CDA, e Carlo Fuortes, che ha ricoperto il ruolo di amministratore delegato dell’azienda fino alle sue dimissioni a maggio 2023. Al suo posto il governo Meloni ha indicato il nome di Roberto Sergio, confermato poi dal CDA. I quattro componenti eletti dal Parlamento sono Simona Agnes, Igor De Biasio, Francesca Bria e Alessandro Di Majo. Questi nomi sono stati indicati dai partiti e quindi, come è plausibile, ognuno di questi ha posizioni vicine al partito che ha indicato la sua nomina. Nel gergo politico e giornalistico si usa l’espressione “in quota” per indicare la vicinanza di un eletto nel CDA con un partito.

Agnes è considerata in quota Forza Italia e De Biasio in quota Lega, mentre Bria in quota Partito Democratico e Di Majo in quota Movimento 5 Stelle. Per prassi, i componenti del consiglio di amministrazione della Rai eletti negli anni dal Parlamento rispecchiano i rapporti di forza esistenti alla Camera e al Senato. In concreto, i partiti con la maggioranza in Parlamento eleggono più rappresentanti, lasciando comunque spazio ai partiti di opposizione. Nel caso dell’attuale CDA, le nomine sono state influenzate da un contesto particolare: i quattro partiti citati sopra, infatti, supportavano tutti il governo Draghi e Fratelli d’Italia, all’opposizione, non ha potuto indicare il nome per un proprio consigliere. All’epoca la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni si era lamentata di questa anomalia, chiedendo l’intervento del presidente della Repubblica.

I partiti nei CDA

Se si considerano i componenti del consiglio di amministrazione eletti dal Parlamento (escludendo quindi quelli indicati dal governo in carica), dal 2005 in poi il PD è stato il partito che ha avuto più consiglieri tra quelli in quota dei partiti. 

In totale il PD ha avuto undici consiglieri, considerando anche due consiglieri del CDA insediatosi nel 2005 in quota Democratici di Sinistra e Margherita. Nel 2007, dalla fusione di questi due partiti, è nato il PD. Al secondo posto c’è Forza Italia, con nove consiglieri di amministrazione, e al terzo la Lega e l’Unione di Centro (UDC), a pari merito con quattro consiglieri.
Nel CDA insediatosi a luglio 2018 i quattro componenti eletti dal Parlamento erano: Rita Borioni (PD), Beatrice Coletti (Movimento 5 Stelle), Igor De Biasio (Lega) e Giampaolo Rossi (Fratelli d’Italia, attualmente direttore generale della Rai). Tre anni prima, quando era ancora in vigore la legge precedente, i componenti espressione dei partiti erano stati sette: Guelfo Guelfi, Franco Siddi e Rita Borioni per il PD, Giancarlo Mazzuca e Arturo Diaconale per Forza Italia, Paolo Messa (UDC) e Carlo Freccero, indicato dal Movimento 5 Stelle e da Sinistra ecologia e libertà (SEL). 

Nel 2012 la suddivisione dei componenti del CDA da parte dei partiti era andata a vantaggio dei partiti di centrodestra, all’epoca in maggioranza in Parlamento. Antonio Verro, Antonio Pilati, Luisa Todini e Guglielmo Rositani erano stati indicati dal Popolo delle Libertà: i primi tre in quota Forza Italia, il quarto in quota Alleanza Nazionale. Gherardo Colombo e Benedetta Tobagi erano in quota PD, mentre Rodolfo De Laurentiis in quota UDC.

Discorso analogo vale per il CDA insediatosi nel 2009, con una predominanza dei partiti di centrodestra. Antonio Verro e Alessio Gorla erano stati nominati in quota Forza Italia, Giovanna Bianchi Clerici in quota Lega Nord, Guglielmo Rositani in quota Alleanza Nazionale e Rodolfo De Laurentiis in quota UDC. Per il PD erano stati nominati Nino Rizzo Nervo e Giorgio Van Straten.

Infine, andando indietro nel tempo, si arriva al CDA insediatosi nel 2005, il primo con le regole introdotte dalla “legge Gasparri”. All’epoca tre consiglieri su sette rappresentavano il centrosinistra: Carlo Rognoni per i DS, Nino Rizzo Nervo per la Margherita e Sandro Curzi per Rifondazione comunista e i Verdi. Quattro invece erano espressione dei partiti di maggioranza: Giuliano Urbani per Forza Italia, Gennaro Malgieri per Alleanza Nazionale, Marco Staderini per l’UDC e Giovanna Bianchi Clerici per la Lega.

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